Racconto STORICO

A scuola in Mesopotamia

ANTICIPO I FATTI

• Rispondi con una X. Il titolo e le immagini suggeriscono:
• l’argomento del testo. Sì. No.
• l’epoca in cui si svolge la storia. Sì. No.
• il luogo in cui si svolge la storia. Sì. No.

L’aria fresca di Ur, il cielo limpido, il chiarore dell’alba, gli ricordavano certe mattine passate sulla riva del fiume, al suo villaggio, e più volte dovette sforzarsi di allontanare la malinconia.
Quando finalmente raggiunse la scuola, vide che il cortile era ancora vuoto.
Sedette in un angolo ed aspettò. Gli studenti arrivarono un po’ alla volta e subito si riunirono in gruppetti a chiacchierare.
Kengi rimase in disparte.
Alcuni dei ragazzi rimasero indifferenti alla sua presenza, ma altri lo notarono e si voltarono a guardarlo incuriositi.
- Chi è quello?
- Il contadino.
- Che cosa? Non è possibile!
- Invece, sì. Pare che abbia un protettore molto potente.
- Se va avanti in questo modo, presto avremo le aule piene di capre e asini.
La battuta provocò una risata generale.
Seduto sotto la tettoia, Kengi arrossì, ma senza provare una gran sorpresa.
I ragazzi che frequentavano la scuola erano tutti figli di funzionari, sacerdoti e ricchi mercanti. Prendersela sarebbe stato inutile.
In quel momento risuonò il richiamo del rientro. Kengi si precipitò verso l’aula. La trovò vuota. Si sedette in un angolo e prese ad aspettare nervosamente. L’attesa durò pochi secondi.
Il maestro Azi comparve sulla porta all’improvviso. Lo fissò accigliato.
- E così sei tornato! Ti credevo più furbo.
- Maestro… - cercò di balbettare Kengi.
Poi Azi prese dallo scaffale lungo la parete una delle tavolette d’esercitazione e la posò a terra davanti al ragazzo.
- Copia dieci volte la prima riga con sicurezza e senza fare nemmeno un errore.
Kengi prese una tavoletta d’argilla fresca dal cesto di vimini, impugnò lo stilo e si sedette a gambe incrociate.
Sciak! La frustata lo prese alla sprovvista e lo colpì alla schiena.
- Ti sembra il modo sederti? - urlò Azi. - Solleva le spalle. Drizza la schiena. Appoggia i gomiti alle gambe. Non tenere lo stilo come se fosse una zappa. Qui non siamo in mezzo ai campi.
Stringendo i denti per non gridare, ma con un velo di lacrime sugli occhi, Kengi cercò di eseguire gli ordini meglio che poteva.
- Io ti insegnerò a scrivere e a leggere - urlò Azi - ma sarò così duro con te, così esigente, così inflessibile, che presto non vedrai l’ora di abbandonare la scuola e tornare al tuo villaggio.
- Ma io… - balbettò Kengi con il cuore in gola.
Paolo Lanzotti, Le parole magiche di Kengi il Pensieroso, Piemme Junior

SUSSIDIARIO DEI LINGUAGGI 4
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