La città di Nekhen piangeva il suo re, Antaref.
Con abiti scuri e il viso coperto di fango, uomini e donne se ne stavano accovacciati nelle vie, cospargendosi di polvere.
L’imbalsamatore si avvicinò al corpo del re, disteso nudo sul letto funerario, su una grossa panca molto larga, appoggiata su due statue raffiguranti la dea gatto Bastet.
L’uomo tracciò la linea d’incisione sulla parte destra del cadavere; poi il suo assistente incise la pelle del re con una pietra di Etiopia.
Allora l’imbalsamatore introdusse una mano nell’addome del re e ne asportò l’intestino, il fegato, i polmoni e lo stomaco.
Lavò l’interno del corpo del re con vino di palma, mirra e cannella, richiuse l’incisione con della resina e ricucì meticolosamente la ferita.
Iniettò nelle narici un solvente vegetale, perché agisse sul cervello; poi, con un uncino di bronzo, asportò la materia cerebrale estraendola dalle narici, che tappò con granuli di pepe e resina.
Infine, ammorbidì il corpo con olio di cedro e altre essenze aromatiche, lo immerse in una vasca contenente del natron. La salma del re, doveva macerare in quella soluzione per settanta giorni, in modo da seccare completamente.
- Così - disse Anubi, il dio dei morti - ha inizio il lungo viaggio di Antaref verso il regno dei defunti, dove l’attende il tribunale di Osiride, gran signore dell’oltretomba.
Alain Surget, Il signore dei Due Regni, Editrice Piccoli
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STORIA
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