- Posto da lupi, questo! - mormorò Pietro.
- Lupi? - esclamò Enzo con il cuore in gola.
- Se è qui nel bosco, lo prendiamo, ragazzo, e saremo quelli che hanno abbattuto l’ultimo lupo.
Dopo aver esaminato il terreno, Pietro disse: - Prova a vedere lassù!
- Io?!
- Hai paura di trovare il lupo?
Enzo ricacciò indietro la paura, che aveva negato ma che aveva provato, e s’avviò raggiungendo la zona delle felci. C’era qualcosa nell’aria.
Era un odore selvaggio. Odore di lupo. Lo prese l’impulso di scappare, ma tremante non si mosse. Stava per voltarsi quando, tra i rami di una felce altissima, vide una caverna. Adagio allungò il braccio, scostò i rami.
Vide il lupo.
Giaceva su un fianco, le zampe in avanti, le une sulle altre; ansimava, e, dalla bocca socchiusa, usciva la lunga lingua rossa; il ventre s’alzava e s’abbassava nel respiro. Era piuttosto piccolo. Non un ringhio, da quelle fauci rosse. Non un agitarsi di quella forte coda.
Guardava il ragazzo con occhi grandi e liquidi come di lacrime selvagge.
Enzo non penso più a nulla. Non ebbe né paura né sorpresa. Nulla.
Restò a fissare quegli occhi tondi e gialli. E quegli occhi risposero al suo sguardo.
«È troppo stanco» pensò il ragazzo. «Ha sentito che lo stavamo cercando, è scappato, e si è rifugiato qui».
Immobile, Enzo sostenne quello sguardo. Poi cominciò a farsi indietro, adagio. Si voltò, attraversò la zona delle felci a passi rapidi, e scese il fianco del bosco, come fuggendo.
Mino Milani, L’ultimo lupo, Piemme Junior