Il sole stava tramontando, quando lasciai la spiaggia.
Remando oltrepassai la parte meridionale dell’isola ma, mentre raggiungevo
il promontorio, si levò il vento.
Allora volli tornare indietro, ma mi era impossibile oppormi alla marea.
Le onde crebbero, diventarono gigantesche e mi portarono verso una direzione sbagliata. Al crepuscolo mi girai per guardare ancora: l’isola dei Delfini Blu era scomparsa. Ebbi davvero molta paura.
Sopraggiunse la notte, il mare era nero e non c’era nessuna differenza tra lui e il cielo. Ora le onde non facevano più nessun rumore e la prima stella che mi apparve mi rianimò.
Poco dopo l’alba, la canoa cominciò a imbarcare acqua.
Remai velocissima, fermandomi soltanto quando era necessario buttare fuori l’acqua dalla canoa. La fessura non minacciava di allargarsi e questa era la mia prima fortuna.
La seconda fu quando apparve un branco di delfini: appena videro la canoa, le girarono intorno e cominciarono ad accompagnarmi. Nuotavano piano e così vicino che vedevo benissimo i loro occhi grandi del colore dell’oceano.
I delfini mi lasciarono prima dell’oscurità.
La notte fu lunghissima: non avevo la forza si sdraiarmi perché ero indurita dalla stanchezza.
La mattina, di fronte a me si adagiava lo scuro contorno dell’isola, somigliante a un enorme pesce a galla sul mare.
La raggiunsi e per molto tempo rimasi ad abbracciare la sabbia per la grande felicità.
Scott O’Dell, L’isola dei Delfini Blu, Mondadori